Corte d’Appello di Venezia sez. Lavoro, Sentenza n. 4/2018
È valido il licenziamento comunicato a voce?
No, anzi non interrompe il rapporto e il lavoratore continua a maturare le retribuzioni. E questo può essere fatto valere anche se sono trascorsi i 60 + 180 giorni previsti per impugnare il licenziamento.
Una barista aveva lavorato “in nero” per circa un anno, prima di venire bruscamente allontanata dal titolare, peraltro a voce.
Con ricorso al Tribunale di Vicenza la lavoratrice chiedeva di condannare la datrice a reintegrarla nel proprio posto di lavoro, vista l’assoluta inesistenza/inefficacia giuridica del licenziamento orale.
Il Giudice tuttavia, ritenendo che a seguito dell’entrata in vigore dalla c.d. legge Fornero (l. n. 92/2012) anche per i licenziamenti orali si debba rispettare il duplice termine di 60 giorni per opporsi al licenziamento e di ulteriori 180 giorni per il deposito del ricorso giudiziale (v. art. 6, legge n. 604/1966) mentre nel caso di specie la lettera di impugnazione era stata inviata a oltre due mesi di distanza dalla fine del rapporto, dichiarava la lavoratrice decaduta dalla possibilità di impugnare il licenziamento, rigettava tutte le sue domande e la condannava anzi a rimborsare integralmente le spese legali di controparte.
Tale decisione veniva impugnata innanzi la Corte d’Appello Sez. Lavoro di Venezia la quale, dopo aver riaperto la istruttoria e sentiti i testimoni richiesti, decideva ribaltando totalmente la decisione di primo grado: riaffermava l’assoluta importanza della forma scritta del licenziamento (la c.d. lettera di licenziamento), in assenza della quale non può nemmeno decorrere il termine di decadenza per l’impugnazione. Infatti “Quanto al profilo preliminare relativo alla ritenuta decadenza […] il Collegio, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale formatasi sul punto con specifico riguardo all’applicazione del termine decadenziale ex art. 32 legge n. 183 del 2010 al licenziamento verbale rileva che «l’azione per far valere l’inefficacia del licenziamento verbale non è subordinata, anche a seguito delle modifiche all’art. 6 della l. n. 604 del 1966 apportate dall’art. 32 della l. n. 183 del 2010, all’impugnazione stragiudiziale, mancando l’atto scritto da cui la norma fa decorrere il termine di decadenza» (Cass.civ. Sez. L., Sentenza n. 22825 del 09/11/2015 – Rv. 637879 – 01)”.
La Corte d’Appello dichiarava pertanto il licenziamento intimato privo di validi effetti, condannava il datore a reintegrare la lavoratrice e a corrisponderle tutte le retribuzioni nel frattempo maturate e i corrispondenti contributi previdenziali (con interessi e rivalutazione da dovuto al saldo), ed infine a rifonderle le spese legali relative ad entrambi i gradi di giudizio, liquidate in ben € 18.330,00.